Per ragioni organizzative, le gite di quest'anno non sono state ancora pianificate.
Ogni anno, in prossimità dell'inizio della primavera, cominciano le nostre uscite naturalistiche e poco prima, realizziamo un programma completo per l'anno in corso.
Vi invitiamo, a tenervi sempre in contatto con questo sito per essere aggiornati su eventuali iniziative.
Nel frattempo, Vi invitiamo a voler visitare le gite da noi fatte finora e consultare le relative gallerie fotografiche.
Quando sono indicate 2 date si intende che la gita ha durata di 2 o più giorni
22/05/2005
CARSO TRIESTINO
Val Rosandra
DESCRIZIONE
Pochi chilometri a sud-est di Trieste l'altopiano tabulare del Carso è inciso da un profondo solco vallivo, dal cui ciglio setten-trionale alte pareti di roccia scoscendono in breve ad una quota di 300 metri più bassa, fino alla forra di un torrente. E' questa la Val Rosandra, una minuscola entità geografica che misura appena 2500 metri di lunghezza. A parte la stranezza di un canyon affacciato al mare, la valle raccoglie in tanto poco spazio una straordinaria varietà di motivi di interesse, sia nei singolari aspetti naturali che nei resti e ricordi di vicende storiche e preistoriche. Molto nota è la Valle come palestra di roccia e luogo di escursioni in un ambiente per molti caratteri quasi alpino, con una flora ricca di piante esclusive. La peculiarità è la sua stessa origine, dovuta agli sconvolgimenti tettonici di pieghe e faglie che hanno aperto una breccia al corso d'acqua, la cui azione escavativa iniziata milioni di anni fa è ancora in atto. Circa seimila anni fa l'uomo preistorico giunse nella zona e trovò nelle caverne abbandonate dall'acqua e nelle favorevoli condizioni ambientali gli elementi adatti ad un insediamento che durò fino alla venuta dei Romani. Con essi la Valle assunse la funzione di via di comunicazione diretta ed agevole tra il retroterra ed il mare, servita probabilmente da una strada di cui non è rimasta memoria. La conferma che i Romani conobbero molto bene la Valle deriva dalla presenza dell'acquedotto e da resti di posizioni militari sui più alti crinali, nelle grotte e sui castellieri abbandonati dagli Istri. La Valle acquistò nuova e straordinaria importanza nel Medioevo, quale unica via di traffico commerciale da cui dipendeva l'esistenza di Trieste, bloccata sul mare dalla Repubblica veneta. La Valle al giorno d'oggi è un luogo di svago e di ricreazione che ha nella dimensione verticale un richiamo in più rispetto al Carso. Vi è la cascata del torrente tra pareti e ghiaioni, vi sono sentieri diversi, l'enigma di qualche grotta, i rocciatori sanno dove sono i loro chiodi, i bagnanti le migliori vasche del fiume, il botanico la fioritura del giglio carniolico. Per tutti è innegabilmente un luogo che vale la pena di visitare. Questa gita ci permetterà di ammirare questa straordinaria opera della natura così particolare e fuori dal comune in una zona costiera.
Immagini a commento
SCHEDA INFORMATIVA
PRENOTAZIONE
Entro il 15 Maggio 2005
partenza
Ore 06.30 da Pieve di Soligo, Piazza Vittorio Emanuele II
mezzo
pullman (necessaria prenotazione)
equipaggiamento
da normale escursionismo (non disdegnare gli scarponi)
difficoltà
nessuna, raccomandata per famiglie
dislivello salita
piccoli saliscendi
dislivello discesa
m.300
PROMOTORI
telefono
Stefano Sanzovo
0438 801656
NOTE
N.101 partecipanti di cui 14 bambini e ragazzi. Tempo ottimo. Tre soste: 1) sul morbido prato circondato dal bosco, poco prima della Foiba di Basovizza; 2) sotto il Monte Stena, sul ciglio della Val Rosandra, in un tripudio di sole e fiori, accarezzati dalla brezza che saliva dal mare; 3) alle fresche acque del torrente Rosandra, sotto l'ombra di un lussureggiante bosco, poco prima del Rifugio Premuda.
E’ bello partire da lontano, da sopra, per scendere poi in Val Rosandra. Sotto, scivola la città ed il Golfo di Trieste. Il mare si insinua nel Vallone di Muggia e di Zaule. La verde collina di San Giovanni protegge la città dalle sferzate della bora. Le imponenti costruzioni di Cattinara offendono il panorama, più dei bianchi serbatoi di San Dorligo. In lontananza si delinea il profilo dell’Istria. All’interno, l’altopiano carsico è ammantato di verde nuovo. Ci avvicineremo lentamente alla nostra Valle. Nelle prime ore di cammino, lungo il ciglio dell’altopiano, ne avremo solo il presentimento, una lieve piega nel monotono susseguirsi di molli ondulazioni.
Partenza dal Valico di Monte Spaccato, dove la superstrada perde lo spartitraffico e scende alle spalle di Trieste, verso il Valico di Rabuiese e poi Capodistria. Ampia area di parcheggio e ristoro. Il sentiero n.1, ampio e piacevole, inizia con il sottopasso della strada e poi si alza portandosi subito fuori a guardare la città ed il mare. Stiamo traversando sotto la sommità del Monte Spaccato.
Si passa oltre la strada asfaltata per Padriciano e si costeggiano a lungo i campi da golf, attraversati da un antico confine di stato (cippi e muri a secco). Ora occorre superare anche la strada per Basovizza (attenzione al traffico intenso). Il proseguimento è molto bello: ampi prati con siepi in fiore e muretti a secco di antiche confinazioni, alternati a macchie di pini marittimi.
Si digrada lentamente, c’è più silenzio, la natura si raccoglie, … l’altopiano cela una triste vicenda. Ci avviciniamo alla Foiba di Basovizza. All’ombra di alberi mesti, un grande quadrato di pietre carsiche copre la tomba di migliaia di persone uccise sul finire dell’ultima guerra.
Riprendiamo il cammino guardando a sud, verso il cielo chiaro che promette il mare. Si giunge nuovamente sul ciglio del costone carsico e all’improvviso … eccola, la nostra Valle. Quello che da lontano sembrava una lieve piega dell’altopiano ora sprofonda come un enorme solco d’aratro ai nostri piedi.
Il Monte Carso è davanti a noi, con le sue rocce ed i ghiaioni; sotto, la borgata di Moccò. Allo sbocco della valle i paesi che fanno corona alla città di Trieste, più lontano l’Istria e il mare.
Ci avviciniamo a San Lorenzo, passando sopra le “Rose d’Inverno”, un complesso di pareti calcaree sulle quali gli alpinisti triestini anticipano le emozioni della montagna. A San Lorenzo, piccola borgata che sovrasta la Val Rosandra, c’è una “vedetta” che offre al nuovo visitatore uno sguardo completo. Siamo sospesi sulla Valle e ne riconosciamo tutti i particolari: le borgate antiche, la chiesetta di Santa Maria in Siaris, il percorso della ex ferrovia, la cascata, i sentieri che si inerpicano per l’opposto versante, il Crinale, il cippo Comici. Un’osteria, una bella chiesetta protetta da un grande albero e poi via, di nuovo liberi su un sentiero aperto: c’e poca vegetazione.
Questo è il luogo, passando per il Monte Stena, nel quale il viandante sente la dolce malinconia dell’altopiano e non si capàcita di ciò che sta sotto. Si vorrebbe andare oltre, sempre per piano. E invece un baratro interrompe la continuità del cammino. Tutt’altro mondo si apre giù in fondo: non più pianori ma pareti, non più l’arsura ma le acque; fiori e piante d’altri luoghi; vita e storia antica, una vecchia ferrovia, persino un rifugio del Cai. E poco oltre, la città ed il mare. Lentamente e a malincuore abbandoniamo le pietraie e scendiamo a riprendere il bosco.
Un bivio non ci deve trarre in inganno: il sentiero cambia numero, ora è il 17, e ci conduce in piano all’ultimo paese prima del confine sloveno: Draga Sant’Elia. Qui saliva da Trieste e proseguiva oltre confine la ferrovia, inaugurata nel 1887 e soppressa nel 1959. Scendiamo seguendo il suo tracciato ardito, in trincea e galleria, fiancheggiato dai cippi del confine di stato.
Uscendo da una galleria, entriamo finalmente nella nostra Valle. La borgata di Botazzo si raggiunge scendendo ripidamente dalla ferrovia. Le case sono malridotte, sopravvive una trattoria poco intonata con l’ambiente rustico. Qualche tentativo di recupero edilizio non redime l’insieme; anche il superstite casello di confine sloveno, oltre la sbarra, è assai squallido. Ma il verde inonda tutto, ridona fascino al poco che resta in quest’ultima borgata d’Italia. Riprendiamo la discesa. Si passa rapidamente dall’ambiente naturale florido, su fertile terreno di marne, a quello alpestre con rocce e ghiaioni della parte bassa della Valle, di natura calcarea. E’ la grande cascata che segna il passaggio tra i due aspetti naturalistici.
Il sentiero si porta sul lato sinistro della Valle, traversando ghiaie e pendii rocciosi; sotto scroscia l’acqua della cascata e poi del torrente. E’ una dolce musica che ci accompagnerà sino al Rifugio Premuda. Lungo l’ultimo tratto di sentiero rimangono il resti dell’acquedotto romano, testimonianza dell’importanza storica di questa valle. Il rifugio, a servizio dei cittadini più che degli escursionisti, offre anche a noi un ultimo ristoro prima di uscire a Bagnoli.
Inutile guardarsi indietro: la Valle si rinchiude e solo le acque ne portano il ricordo sul finire della nostra gita.